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Come ho scoperto di avere l’ADHD e cosa faccio per stare bene

Foto di Julia Morales su Unsplash

Come ho scoperto di avere l’ADHD e cosa faccio per stare bene

Pensavo che fosse normale così. Non riuscire a stare seduta composta per più di cinque minuti, essere in libreria e leggere una quarta di copertina mentre gli occhi già cercano un titolo o colori più vivaci, sentire così tanto rumori e odori da proteggermi con cuffie (ma mi danno fastidio anche quelle) e profumi noti e amati.

Poi ho fatto una visita gnatologica (mandibola e mascella) e la dottoressa mi ha chiesto con molto garbo “Non si offenda, ma ha mai fatto un test per l’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività)”?

Ho sempre notato di fare cose un po’ diverse: essere più a mio agio nello straordinario che nell’ordinario, in viaggio con sconosciuti più che nella routine con conosciuti, dove gli altri vanno in panico magari per una consegna da fare in frettissima trovare una calma e una centratura speciali, consumare relazioni per stare sempre nella novità, buttare tutte le etichette dei vestiti fuori (sì perché tagliarle a volte le rende pungenti)  ma ho sempre pensato fosse solo ipersensibilità, una varietà non una neurodiversità.

Così ho fatto una serie di indagini (psichiatra, psicologa, test) e sì, ho l’ADHD nella sua doppia manifestazione: Disattenzione e Iperattività-Impulsività.

Non so se è una bella notizia. Non mi cambia molto ora: non mi servono giustificazioni per le mie insegnanti di latino, greco e matematica. Io però mi sento meglio.

In 54 anni nessuno se ne era mai accorto perché da brava bambina ho sviluppato tutte le migliori tecniche di masking, imitando alla perfezione i comportamenti che attiravano più i complimenti degli adulti a casa, a scuola, in giro. La mia personalità istrionica-narcisista mi ha salvata.

Sono iperattiva, procrastino, mi perdo, sento tutto tanto, vestiti, cuciture, scarpe e calze, profumi e anche le emozioni, da sempre, passo dall’euforia alla tristezza, faccio shopping compulsivo, dipendo dall’approvazione altrui e devo sempre studiare ma tutto questo ora ha un nome. Saperlo non mi cambia nulla ma cambia tutto perché negli anni ho adottato le strategia che mi permettono di stare bene: un lavoro, anzi più di uno, lontano da uffici e orari fissi, compiti creativi, scrittura, yoga, meditazione, danza, tango, canottaggio, arte in varie forme, tutte cose che mi permettono di nutrire i miei livelli di dopamina balerina e andare avanti.

Adesso va di moda, tutti ne parlano, ci sono molte più persone diagnosticate (e finalmente tante più donne, campionesse di masking), c’è una retorica dei superpoteri ma non è così: è una fatica quotidiana per noi e chi ci sta intorno, con ogni tanto qualche guizzo felice.

Vorrei scusarmi con tutte le persone che ho trattato con disattenzione e impulsività (spesso rabbia nel passato): famiglia, fidanzati, amiche, colleghi, compagni di avventure. Grazie per avermi sopportata.

Se avete il dubbio di avere l’ADHD rivolgetevi a professioniste/i attendibili, non fate i test su internet.

Foto di Julia Morales su Unsplash